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La collezione Art Cars.

Vetture dipinte da artisti di fama mondiale compongono una collezione unica nel suo genere i cui singoli pezzi vengono continuamente esposti presso i più importanti musei di tutto il mondo quali, per esempio, il Louvres di Parigi, la Royal Academy di Londra, il Whitney Museum di arte moderna di New York, Palazzo Grassi a Venezia, il Powerhouse Museum di Sydney, i musei Guggenheim di New York e Bilbao.

C’era una volta alla 24 Ore di Le Mans...
L’idea delle BMW Art Cars nasce nel 1975, quando Hervé Poulain, banditore d’asta e pilota d’auto da corsa, decide di celebrare la sua prima pole position alla 24 Ore di Le Mans affidando all’amico artista Alexander Calder la sua BMW 3.0 CSL. Calder decorò l’auto e il risultato fu accolto con grande interesse da parte della Casa di Monaco. Si decise di ripetere l’esperimento nel corso degli anni successivi prendendo contatti con altri artisti che trasformarono in esemplari unici le BMW a loro affidate, oggi vere e proprie opere d’arte. Artisti di tutto il mondo hanno partecipato alla creazione di questa collezione d’auto unica nel suo genere.

Le BMW Art Car sono l’espressione di artisti quali gli americani Alexander Calder, Frank Stella, Roy Lichtenstein, Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Jenny Holzer, Jeff Koons, l’austriaco Ernst Fuchs, l’australiano Ken Done, l’aborigeno australiano Michael Jagamara Nelson, l’architetto-scultore delle Canarie César Manrique, la giapponese Matazo Kayama, la sudafricana Esther Mahlangu, il tedesco A. R. Penck, l’italiano Sandro Chia, l’inglese David Hockney, il danese Olafur Eliasson.

Data la natura di questo sito, verrà prestata maggiore attenzione al modello realizzato nel 1991 da A. R. Penck in quanto l'automobile trasformata in opera d'arte è appunto una BMW Z1.


L'opera realizzata da A. R. Penck nel 1991.

A. R. Penck è lo pseudonimo di Ralf Winkler, nato a Dresda nel 1939. Pittore e scultore dissidente dal regime comunista, è stato costretto ad esportare clandestinamente all'ovest le sue opere e ad esporle sotto falso nome. Nel 1980 ha dovuto lasciare il suo paese e da allora vive e lavora tra Berlino, Dublino e New York.

Come i suoi maestri Rembrandt e Picasso, Penck ama confrontarsi con i problemi del suo tempo attraverso un linguaggio di grande originalità: con la politica del regime del suo paese natale prima, poi con la riunificazione tedesca e con la questione della capitale a Berlino.

Nella sua arte usa forme archetipiche, che appartengono al passato di tutta l’umanità e in cui convergono la pittura e i graffiti delle grotte preistoriche. Gli Strichmännchen (omini al tratto), pur essendo solo una parte delle opere di Penck, gli hanno reso la celebrità e sono esposti presso i musei di tutto il mondo.

Con questa opera l'artista ha voluto mettere in contrasto l'aspetto moderno dell'automobile con il linguaggio dei segni che, con la loro semplicità, ci ricordano le incisioni preistoriche ritrovate nelle caverne.

I simboli usati, apparentemente semplici e diretti, sono tuttavia una sfida per l'osservatore in quanto sono stati evoluti attraverso un lungo processo di astrazione e rappresentano un linguaggio da decodificare.

Nel video qui sopra è possibile vedere alcune fasi della realizzazione dell'opera di A. R. Penck, l'autore ci racconta e commenta alcuni momenti importanti di questo suo lavoro (purtroppo il dialogo è in lingua tedesca).


Tutte le auto che compongono la collezione.

BMW 3.0 CSL
Chi se lo sarebbe immaginato, nel 1975, che l’auto da corsa BMW 3.0 CSL creata dal pittore americano Alexander Calder avrebbe dato il via a una collezione artistica oggi diventata leggendaria? Nessuno, neanche in BMW. Fu Hervé Poulain a fare il primo passo con la casa automobilistica. L’idea delle BMW Art Cars non scaturì quindi da un piano di un reparto marketing, come conferma anche Thomas Girst, manager del cultural engagement nel BMW Group. E fu ancora Poulain a mettersi alla guida della BMW 3.0 CSL, con il no 93, nella 24 Ore di Le Mans (? Leggete anche: 24 ore di brividi). L’obiettivo non fu raggiunto, ma la variopinta automobile di Calder ebbe una risonanza straordinaria. Era il segnale di partenza per le BMW Art Cars.

BMW 3.0 CSL
Nel 1976, l'americano Frank Stella proseguì sulla stessa strada del suo predecessore. Anche lui partì da una BMW 3.0 CSL, che a sua volta si presentò al via della gara di durata di Le Mans, con il numero 21. Per un fan dei motori come Stella, creare la BMW Art Car no 2 fu un vero e proprio onore. Il design della sua opera d’arte automobilistica si rifaceva alle basi tecniche dell’oggetto originale. Nacque così una retinatura che produceva l’effetto di una carta millimetrata gigantesca. Il tutto in bianco e nero, perché ai box di partenza il veicolo da corsa dall’enorme potenza di 750 CV spiccasse tra i rivali, perlopiù colorati. Come per il veicolo di Calder, fu Walter Maurer, il leggendario maestro di pittura di BMW, a occuparsi della realizzazione.

BMW 320i
L’anno successivo, nel 1977, fu il turno della terza BMW Art Car, creata di nuovo da un americano. L’artista Pop art Roy Lichtenstein impiegò i suoi tipici “Ben-Day dots”: sulla fiancata della BMW 320i Turbo sembra che sfili un paesaggio. E non potrebbe essere altrimenti. Neanche questa auto da corsa è nata come pezzo da museo, dando invece prova di sé nell’aspro mondo degli sport automobilistici, naturalmente a Le Mans. I piloti Hervé Poulain e Marcel Mignot portarono l’auto con il numero 50 in nona posizione nella classifica generale e in prima posizione nella classifica della sua categoria.

BMW M1
L’esempio più noto di BMW Art Car è la BMW M1 dipinta da Andy Warhol di suo pugno. La supercar della casa bavarese è già di per sé una leggenda. Grazie al design del famosissimo artista Pop art, la BMW M1 in versione da corsa divenne probabilmente una delle automobili più di valore della storia. C’era una cosa che legava Warhol ai suoi predecessori: neanche lui ricevette un compenso per il lavoro. Ma a differenza loro, invece di allestire un modello a grandezza naturale e far dipingere l’auto ad altri, l’americano mise mano all’auto in prima persona. “Ho provato a mettere in immagini la velocità. Quando un’auto va molto veloce, i colori e le linee si confondono” disse Warhol a proposito dell’opera. E fu lui stesso un esempio tangibile di questa velocità, perché in soli 28 minuti applicò sei chili di colore. Ben presto anche l’auto da corsa a motore centrale partecipò – onore a le merito – alla sua unica corsa: la 24 Ore di Le Mans del 1979. Ottenuto un sesto posto nella classifica generale, la corritrice variopinta passò al museo BMW.

BMW 635 CSi
La numero 5 è un’auto che scotta! Nel 1982 l’austriaco Ernst Fuchs si prese in carico una BMW 635 CSi. Da lì nacque “La volpe di fuoco a caccia di lepre”, la prima BMW Art Car basata su un’auto di serie, nonché la prima a essere fin dall’inizio un puro pezzo da esposizione. Fino ad allora Fuchs era noto per gli ampi dipinti religiosi. La sua interpretazione della car art vi si distaccava molto, ma è diventata comunque un’icona. Anche grazie alle fiamme che spiccano sullo sfondo nero.

BMW 635 CSi
La sesta Art Car della schiera risale al 1986, è il turno di un altro precursore della Pop art, nonché altro americano: Robert Rauschenberg. Anche questa BMW, una 635 CSi, non si è mai presentata ai blocchi di partenza di una competizione. A oggi è però l’unica BMW Art Car che si è unita al traffico stradale, guidata da Rauschenberg in persona! L’artista creò la sua opera avvalendosi di opere di altri artisti, che lui elaborò con tecniche fotografiche e poi applicò sulla carrozzeria della BMW Coupé, con l’aiuto di lamine. Nacquero così collage tipici dello stile di Rauschenberg. Tra le altre cose, con la sua BMW 635 CSi, l’artista volle mettere in luce il modo in cui i tre mondi di arte, natura e tecnica dipendono l’uno dall’altro.

BMW M3
Nel 1989 fu l'artista australiano Micheal Jagamara Nelson a firmare la BMW Art Car no 7. Una BMW M3 nera in versione da corsa preparata per il Gruppo A diventò, in sette giorni di duro lavoro certosino, un’opera d’arte che riflette la cultura e il territorio del popolo indigeno australiano, gli aborigeni. In questo, l’artista fu supportato da diversi artisti amici. Per custodire l’arte della propria cultura, gli aborigeni tracciano disegni criptici e creano motivi che si tramandano di generazione in generazione con pitture rupestri. Anche la BMW M3 sembra quindi un grande enigma colorato. Parlando del processo creativo, Nelson disse che nelle immagini della BMW aveva reinterpretato i propri sogni. Il che fa di questa BMW Art Car una vera e propria auto da sogno.

BMW M3
Sempre nel 1989 ci fu un altro australiano: Ken Done e la BMW Art Car no 8. Come Nelson, anche lui si basò su una turismo BMW M3 preparata per il Gruppo A. Ma a differenza dell’auto precedente, la sorella minore raffigurava l’Australia moderna. Done attirò l’attenzione fin dai primi sguardi, perché la sua creazione ha soprattutto una caratteristica: è colorata. L’obiettivo dell’artista era illustrare, nella sua BMW Art Car, gli aspetti allegri della sua patria. Si distinguono natura, sole e mare, ma anche pesci e pappagalli. Si potrebbe descrivere la BMW M3 di Done con un semplice attributo: positiva! Come l’opera di Nelson, anche la questa BMW M3 percorse i tracciati australiani, prima di diventare un pezzo da museo.

BMW 525i
Nel 1990 per la BMW Art Car numero 9 la scelta ricadde su una macchina di serie: una BMW 535i. Fu la prima Art Car creata da un artista asiatico e colpiva per il suo aspetto piacevole e discreto. Il giapponese Matazo Kayama avvolse la BMW Serie 5 in un abito aerografato. Con l’aiuto di uno speciale procedimento di doratura, creò sulla carrozzeria un paesaggio stilizzato, plasmato da un fiume. Kayama stesso citò la sua fonte d’ispirazione: “La mia opera deve avere l’aspetto di un cristallo di neve.”

BMW 730i
Ancora nel 1990, per il quindicesimo anniversario non ufficiale delle Art Car, César Manrique poté contribuire al progetto “Arte su ruote”. Per farlo, nel 1990 l’avanguardista spagnolo scelse una BMW serie 7. E quando nei colori variopinti e nelle forme astratte che rivestono la carrozzeria, gli osservatori riconoscono elementi della natura, ne hanno ben donde. Perché Manrique prese a modello la natura dell’isola di Lanzarote. Il nero del design rappresenta le pietre laviche dell’isola delle Canarie, il verde la foresta pluviale e il rosso la vita. Nelle forme indefinite si riconosce poi ciò che per Manrique è essenziale in un’automobile: trasportare rapidamente i passeggeri.

BMW Z1
Il modello di BMW decorato secondo il proprio estro dall’artista tedesco A. R. Penck – all’anagrafe Ralf Winkler – è già di per sé un’opera d’arte, una rarità: la BMW Z1. Grazie al linguaggio formale radicalmente nuovo per l’epoca e la ritrazione degli sportelli, la BMW Z1 è ancora oggi una pietra miliare della storia automobilistica della casa bavarese. Nel 1991 Penck diede il suo contributo alla schiera di BMW Art Cars quattro anni dopo la messa su strada della cabrio. Ispirandosi alla pittura rupestre, ideò personaggi e disegni astratti. Il significato? Provate voi stessi a decifrarlo … L’artista non ha mai accennato a un’interpretazione, che sicuramente contribuisce al fascino irradiato da questa artistica auto sportiva.

BMW 525i
Nel 1991, questa appariscente Serie 5 completò la prima dozzina di Art Car. E ancora più degno di nota: per la prima volta la creatrice di una BMW Art Car fu una donna: Esther Mahlangu. Il design è facilmente identificabile in una reminiscenza della cultura africana. In concreto Mahlangu si basò sulla propria “tradizione tribale di arredare la casa”, come lei stessa commentò la propria opera, utilizzando una fantasia chiamata Ndebele. Una tradizione trasmessa di generazione in generazione e solo tra donne. L’artista si prese una settimana per foggiare il suo contributo al progetto. Come la maggior parte di quelle che l’hanno preceduta e che l’hanno seguita, l’auto no 12 è puramente un’opera per il BMW Museum. E naturalmente un pezzo unico.

BMW M3 GTR
Nel 1992 questo prototipo da corsa della BMW M3 GTR fu la tela di Sandro Chia. Stavolta fu l’artista italiano a rivolgersi a BMW con la preghiera di collaborare al progetto. Il risultato lascia il segno: da ogni lato, chi osserva l’auto sembra essere a sua volta sotto osservazione, perché sulla superficie della carrozzeria campeggiano visi con gli occhi spalancati. Sandro Chia commentò così: “Molti occhi si posano su un’auto. E la gente la guarda. Questa auto riflette i loro sguardi.”

BMW 850 CSi
Nel 1995 il viaggio delle Art Car prosegue dall’Italia verso la Gran Bretagna. Perché anche la superstar inglese David Hockney entrò a far parte della collezione con la sua BMW Art Car. In questo caso, BMW aveva cercato per lungo tempo di reclutare l’artista, riuscendo infine nell’impresa. La BMW 850 CSi di Hockney fu il risultato di un lungo processo di realizzazione, perché che non si trattasse semplicemente di applicare un po’ di colore fu l’artista stesso a renderlo noto … Con i suoi mezzi pittorici Hockney smontò l’auto e la rivoltò completamente, mostrando così a tutti cosa si nasconde secondo lui sotto la carrozzeria, la pelle dell’auto: affascinante tecnologia.

BMW V12 LMR
Fast Art: si potrebbe riassumere l’opera di Jenny Holzer con questa espressione chiave. Almeno per quanto riguarda l’oggetto di partenza, una BMW V12 LMR per la 24 Ore di Le Mans del 1999. L’artista è nota soprattutto per parole critiche e dichiarazioni che stimolano la riflessione, riecheggiano e polarizzano. In questa BMW Art Car, espressione del suo tipico stile, introdusse sulla vernice bianca dell’auto da corsa espressioni realizzate con lettere cromate riflettenti e lamina fluorescente. Un esempio: “You are so complex you don’t respond to danger” (Con la tua complessità non reagisci al pericolo). State riflettendo sul significato? Allora Holzer ha centrato l’obiettivo...

BMW H2R
Nel 2007 l'arte di Ólafur Elíasson si discosta drasticamente dal resto dei veicoli della collezione. La BMW Art Car del danese di origini islandesi rappresentò una rottura radicale con le precedenti. L’auto quasi non si riconosce, l’oggetto appare come un enorme bozzolo. Elíasson è noto per creare un tipo di arte in cui si misura con la natura e i fenomeni fisici. Tanto quanto il veicolo che ispirò la sua opera, perché sotto l’involucro c’è un prototipo da corsa che funziona a idrogeno. Ma tornando al bozzolo: per formare l’involucro della BMW H2R furono assemblate lamierine di metallo, poi irrorate di acqua dentro un’enorme cella frigorifera. Nacque così una corazza di ghiaccio che imprigiona l’auto. L’oggetto mobile diventa immobile: è l’approccio scelto da Elíasson per occuparsi della sostenibilità della nostra società.

BMW M3 GT2
A una lista di artisti di questo calibro non poteva ovviamente mancare Jeff Koons. Nel 2010 l’artista segnò la ricomparsa della Pop art e il conseguente ritorno alle origini della collezione BMW Art Car. Sembra che la BMW M3 GT2 dell’americano voglia esprimere con ogni fibra della carrozzeria: “Sono veloce!” Gli elementi di colori sgargianti paiono addirittura volare intorno all’auto. Anche da ferma dà l’impressione di voler partire di scatto, addirittura di scoppiare di potenza. Nel 2010 la creazione di Koons si presentò al via della 24 Ore di Le Mans e si guadagnò il cuore del pubblico, un altro aspetto che lega questa BMW Art Car alle antenate.

BMW M6 GT3
Nel 2017 arriva una creazione dell'artista multimediale Cao Fei. In omaggio al materiale di molte auto da corsa, il carbonio, l’artista cinese ne scelse la struttura come colore di sfondo per il suo progetto. Ma è solo con l’app associata che la BMW Art Car numero 18 si manifesta in tutta la sua efficacia. Perché, grazie alla realtà aumentata, l’auto nera diventa l’occhio di un ciclone di colori che le infuriano intorno. In questo modo Cao Fei fonde il mondo digitale con quello reale.

BMW M6 GTLM
Un grande esempio di BMW art fu anche la BMW M6 GTLM realizzata da John Baldessari nel 2016. I fan delle BMW Art Cars dovettero sopportare un’attesa lunga sei anni, prima di potersi lasciare sorprendere da una nuova opera. Baldessari impiega elementi minimi, ma su superfici grandi e con un’efficacia altissima. Il nome è tutto un programma e lo si legge in grande sugli sportelli: “FAST”. Velocità, perché è di quello che si parla quando in ballo ci sono auto sportive come la BMW M6 GTLM. O, nelle parole dell’artista stesso: “La BMW Art Car è senza dubbio l’opera d’arte più veloce che abbia mai creato!”

BMW M HYBRID V8
Quasi 50 anni dopo la prima BMW Art Car nel 2024si chiude un cerchio: già la prima BMW Art Car, creata nel 1975 da Alexander Calder, aveva debuttato sul Circuit de la Sarthe di Le Mans. La BMW Art Car di Julie Mehretus (BMW Art Car numero 20) è scesa in pista a Le Mans dopo la premiere con il numero di gara 20. Per la realizzazione dell’opera Mehretu si era riproposta di creare uno spazio di gioco per l’immaginazione. Si era chiesta: che aspetto avrebbe il dipinto se l’auto lo percorresse e ne venisse influenzato? Per la creazione Mehretu mette pertanto al centro il vocabolario cromatico e delle forme del dipinto "Everywhen": fotografie staniate, griglie precise, vernici spray color neon e i tratti gestuali iconici della Mehretu. Durante il processo creativo l’opera è stata trasposta in una rappresentazione tridimensionale mediante un complesso rivestimento sulla BMW M Hybrid V8.


Quale sarà la prossima ad entrare nella collezione?


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